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Materiali intelligenti per la sostenibilità

Il panorama dell’industria chimica in Italia è fatto da 2830 imprese impegnate essenzialmente negli ambiti della chimica fine e specialistica, capaci nel 2019 di generare una produzione complessiva del valore di 55,7 miliardi di euro. Questi dati collocano l’industria chimica italiana al terzo posto in Europa, con il 10% della produzione complessiva, e all’undicesimo posto nel mondo. Il settore vale il 6% della complessiva manifattura nazionale. Il 19% degli addetti del settore chimico è in possesso di una laurea (media nazionale l’ambito industriale 9%), mentre la quota di addetti dedicati ad attività di R&S è pari al 6% (media nazionale 3,6%). 

A questi numeri, che testimoniano di un settore fondamentale per l’economia nazionale, fa da contraltare il diffuso atteggiamento di diffidenza e in molti casi addirittura di avversione che fa ormai parte del “comune sentire” dell’opinione pubblica nei confronti della chimica, spesso considerata come sinonimo di inquinamento e di prodotto “che fa male”, da anteporre a fantomatici prodotti “naturali” che, solo per questa ragione, “fanno bene”. Questo atteggiamento irrazionale non solo ignora l’importanza economica del settore chimico, ma soprattutto non riconosce il contributo fondamentale del settore al nostro benessere e al nostro stile di vita, arrivando a vere e proprie demonizzazioni che non tengono conto della realtà dei fatti: la giusta campagna che, ad esempio, sottolinea l’impatto negativo delle microplastiche sulla vita dei mari, deve portare a ripensare le politiche e le tecnologie per un corretto recupero dei materiali a fine vita e non a un generalizzato rifiuto di utilizzare la plastica anche laddove essa si rivela il materiale più adatto dal punto di vista del rapporto costi-benefici [1].

D’altro canto, proprio perché il mondo della chimica è abituato ad approcciare i problemi sulla base di dati ed evidenze sperimentali concrete, i chimici stessi non ignorano il pesante impatto sull’ambiente che i loro prodotti e processi hanno determinato nel corso dell’ultimo secolo. Proprio questa consapevolezza ha fatto sì che, a partire dalla fine degli anni ’90, si sia sviluppato il concetto di green chemistry, intesa come un approccio scientifico basato su criteri, priorità e obiettivi, per guidare le applicazioni di questa disciplina, ad iniziare da quelle industriali, verso modalità sostenibili sia dal punto di vista ambientale che da quello economico. Questo ha portato alla definizione di criteri di progettazione dei prodotti e dei processi al fine di massimizzare l’efficienza delle risorse, eliminare o comunque minimizzare i rischi di inquinamento, il tutto considerando il completo ciclo di vita dei prodotti, avendo tra i capisaldi l’utilizzo quando possibile di materie prime rinnovabili. Questo approccio alla chimica sostenibile ha portato allo sviluppo di biopolimeri e di polimeri biodegradabili, di biocarburanti [2], di fine chemicals per il settore cosmetico e farmaceutico estratti da scarti del settore agroalimentare. Questa ultima fonte appare come una delle più promettenti, poiché in grado di mettere in moto un ciclo virtuoso di economia del riciclo capace di trasformare gli scarti in una materia prima di valore [3]. Ancora più significativo il fatto che uno stesso materiale, ricavato da questi scarti, possa trovare molteplici impieghi in diversi settori.

A questo proposito, nei laboratori di Mister Smart Innovation stiamo sviluppando una specifica esperienza in materiali polimerici di origine naturale che possono essere processati in diversi “formati” in grado di trovare applicazioni in diversi settori. Lo studio si basa sulla proprietà dei polimeri naturali e sulla loro capacità di poter generare pellicole da impiegare nell’industria del packaging, fibre tessili, sistemi (nano-micro particelle, nano-micro fibre, gels, coating…) di incapsulamento e di rilascio di molecole biologicamente attive applicabili in ambito farmaceutico, biomedicale ed alimentare. Un esempio di materiale polimerico naturale in grado di essere processato in diverse forme per molteplici utilizzi è la caseina, una proteina che può essere facilmente ottenuta dal latte o da scarti del ciclo di lavorazione del latte stesso. La caseina infatti può essere utilizzata per realizzare fibre tessili ipoallergeniche e particolarmente morbide, indicate ad esempio per i neonati, sebbene per le sue caratteristiche meccaniche non eccelse sia opportuno fare dei blend con fibre più robuste, come il cotone. La caseina può inoltre trovare utilizzo nella realizzazione di film plastici per il packaging alimentare [4], come ingrediente principale di colle naturali adatte in particolare a incollare il legno, oppure ancora, grazie al fatto di essere biocompatibile, biodegradabile e bioassorbibile, come componente nutraceutico o come molecola di trasporto per la somministrazione di farmaci a rilascio controllato. 

Marco Ardoino

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